lunedì 11 settembre 2017
Social Media Week a Roma. 13 Settembre si parla di comunicazione e crisi
venerdì 10 marzo 2017
Perché è nostro dovere parlare di disastri naturali e comunicazione?
È anche la domanda che ci porta in questi giorni nuovamente in Veneto per discutere con i giornalisti, nostri fondamentali stakeholder.
Personalmente, avendo vissuto l’esperienza terremoto in prima persona da professionista e avendola poi studiata, e poi ancora rivissuta – seppur da lontano – con il terremoto del centro Italia, ritengo che abbiamo una duplice responsabilità come comunicatori e appartenenti ad un’associazione professionale.
Come comunicatori ritengo abbiamo il dovere di parlarne per tentare di trasmettere ai colleghi e in particolare ai professionisti più giovani il valore che le relazioni pubbliche possono offrire alle organizzazioni, alle comunità, ai territori colpiti da disastri naturali. Una responsabilità nei confronti quindi della professione (cfr. Melbourne Mandate).
Come appartenenti a Ferpi ritengo abbiamo il dovere di parlarne a stakeholder ben definiti, come nel caso del corso di Verona, per rendere consapevoli questi nostri stessi interlocutori e l’opinione pubblica dell’importanza che la comunicazione di crisi riveste prima per la preparazione, poi durante l’emergenza e infine del ruolo che il racconto del disastro può avere nella ricostruzione. Non dobbiamo stancarci di ripeterlo: la narrazione del disastro può mettere in moto processi di resilienza nelle comunità, che sono le prime a dover essere ricostruite. Ma una buona comunicazione prima dell’emergenza è altrettanto importante per preparare le comunità al rischio ed ad esempio informarle dei piani di protezione civile. Una responsabilità nei confronti della società (cfr. Melbourne Mandate).
È una mission di alto profilo, cui possiamo concorrere insieme ad altri soggetti, e che già diversi attori hanno riconosciuto anche nell’ultimo, interminabile, tragico fenomeno sismico che ha colpito il centro Italia.
Perdonerete quindi l’insistenza, ma son convinto che si tratti di una grande opportunità di advocacy per la professione… #comunicobene
Pubblicato su Ferpi.it http://www.ferpi.it/perche-e-un-dovere-parlare-di-comunicazione-e-disastri-naturali/
venerdì 14 ottobre 2016
Nuovo piano di evacuazione per il Vesuvio
dall'Huffington Post del 12 Ottobre
Vincenzo De Luca annuncia il piano d'evacuazione per il rischio Vesuvio: "Pronti a spostare 700mila cittadini in 72 ore"
sabato 24 settembre 2016
Presentazione al Salone della CSR e dell'Innovazione Sociale
domenica 10 luglio 2016
Festival della Partecipazione: due terremoti e la comunicazione. Resistenza o resilienza?

giovedì 7 luglio 2016
I Sindaci, i disastri ambientali e la roulette russa
Al di là del dibattito sull’incidenza dei cambiamenti climatici, la storia recente ci dice che ormai le cosiddette “bombe d’acqua” sono la regola e non più l’eccezione, anche nel nostro Paese: è stato così a Messina, alle Cinque Terre, a Genova, nelle Marche, a Olbia e in tutte le altre aree colpite negli ultimi dieci anni ove si sono registrate ben settantanove vittime. E, per tornare alla comunicazione, ci dovremmo attendere amministratori più consapevoli dei temi ambientali, impegnati nel governare l’emergenza (magari con apposite war room dove dovrebbe sempre sedere anche chi si occupa di comunicazione) anziché lasciarsi andare a dichiarazioni che denotano superficialità e improvvisazione e che svelano una colpevole sottovalutazione delle conseguenze di una scarsa attenzione allo stato di salute del territorio.
A tale proposito, tornando al caso di Genova, appaiono particolarmente inquietanti la dichiarazione dei legali di parte civile che bollano il comitato locale di protezione civile come “un carrozzone che non interessava a nessuno e che se non si fosse riunito non sarebbe cambiato nulla visto che non si riuscì a gestire l’emergenza”.
Se tali strade sono poco percorse o addirittura sistematicamente ignorate, la motivazione è probabilmente legata a un vizio d’origine: si guarda alla cassetta degli attrezzi della comunicazione diretta con la preoccupazione di cadere nel rischio di una deriva populista. E, di conseguenza, si sceglie di affidarsi ancora ai più rassicuranti comunicati stampa e di lanciare messaggi dai convegni agli addetti ai lavori, anziché aprire quella cassetta e affrontarne rischi e opportunità. Ma così agendo non si fa altro che aggravare il gap tra domanda e offerta di comunicazione: i cittadini che quotidianamente utilizzano il web e i social network per orientare le proprie scelte d’acquisto di beni e servizi, a forza di trovare sbarrata la porta d’ingresso alle decisioni pubbliche, rischiano di abbandonare il terreno del confronto e del dibattito civico.