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lunedì 11 settembre 2017

Social Media Week a Roma. 13 Settembre si parla di comunicazione e crisi

Ormai è un assioma: non si può parlare di comunicazione senza legarla ai social media e non si può dialogare di informazione senza declinarla in chiave web. Un nuovo modo di “parlare” che sta cambiando il dialogo tra le persone e che passa inevitabilmente dall'uso di tutti quegli strumenti messi a disposizione dalle nuove tecnologie. Ed è in questa chiave che si svolgeranno tutti gli eventi, gli incontri e dibattiti sul tema comunicazione della Social Media Week, l'evento che ha l'obiettivo di esplorare l’impatto sociale, culturale ed economico del web, del digital e dei social network e che dall'11 al 15 settembre approderà alla Casa del Cinema di Villa Borghese a Roma.

Il 13 settembre alle 17.30 si affronterà il tema del “Ruolo dei social media nei processi di gestione delle crisi”. Dai recenti disastri naturali agli attacchi terroristici, i social media hanno avuto un ruolo di gestione e risposta. 
Durante l'incontro con il giornalista Pietro Citarella e Stefano Martello, giornalista, Gruppo comunicare le professioni intellettuali di Ferpi, si rifletterà sul tipo di apporto che i social media possono dare al processo di risposta a una crisi in atto, ma anche a tutti quei nuovi doveri e a quelle nuove azioni che la stessa presenza dei social media impone agli attori interessati, con lo scopo di intercettare e ascoltare le istanze provenienti da un determinato territorio.

venerdì 10 marzo 2017

Perché è nostro dovere parlare di disastri naturali e comunicazione?

Questa è la domanda che fin dal primo incontro a Mirandola, durante il terremoto dell’Emilia, ci ha guidato per costruire un percorso che non si esaurisse in un’iniziativa one-shot o di breve periodo.

È anche la domanda che ci porta in questi giorni nuovamente in Veneto per discutere con i giornalisti, nostri fondamentali stakeholder.

Personalmente, avendo vissuto l’esperienza terremoto in prima persona da professionista e avendola poi studiata, e poi ancora rivissuta – seppur da lontano – con il terremoto del centro Italia, ritengo che abbiamo una duplice responsabilità come comunicatori e appartenenti ad un’associazione professionale.

Come comunicatori ritengo abbiamo il dovere di parlarne per tentare di trasmettere ai colleghi e in particolare ai professionisti più giovani il valore che le relazioni pubbliche possono offrire alle organizzazioni, alle comunità, ai territori colpiti da disastri naturali. Una responsabilità nei confronti quindi della professione (cfr. Melbourne Mandate).

Come appartenenti a Ferpi ritengo abbiamo il dovere di parlarne a stakeholder ben definiti, come nel caso del corso di Verona, per rendere consapevoli questi nostri stessi interlocutori e l’opinione pubblica dell’importanza che la comunicazione di crisi riveste prima per la preparazione, poi durante l’emergenza e infine del ruolo che il racconto del disastro può avere nella ricostruzione. Non dobbiamo stancarci di ripeterlo: la narrazione del disastro può mettere in moto processi di resilienza nelle comunità, che sono le prime a dover essere ricostruite. Ma una buona comunicazione prima dell’emergenza è altrettanto importante per preparare le comunità al rischio ed ad esempio informarle dei piani di protezione civile. Una responsabilità nei confronti della società (cfr. Melbourne Mandate).

È una mission di alto profilo, cui possiamo concorrere insieme ad altri soggetti, e che già diversi attori hanno riconosciuto anche nell’ultimo, interminabile, tragico fenomeno sismico che ha colpito il centro Italia.

Perdonerete quindi l’insistenza, ma son convinto che si tratti di una grande opportunità di advocacy per la professione… #comunicobene

Pubblicato su Ferpi.it http://www.ferpi.it/perche-e-un-dovere-parlare-di-comunicazione-e-disastri-naturali/


venerdì 14 ottobre 2016

Nuovo piano di evacuazione per il Vesuvio

La prevenzione dei disastri naturali è fondamentale in un territorio fragile come quello del nostro paese che deve affrontare rischi sismici, indogeologici, vulcanici. Quindi va accolta molto positivamente la notizia che ha annunciato De Luca. D'altro canto come abbiamo sottolineato nel libro è fondamentale anche tutta l'attività di comunicazione collegata alla prevenzione e alla gestione della calamità.
Mi interesserebbe quindi conoscere anche l'eventuale piano di comunicazione di crisi collegato.

dall'Huffington Post del 12 Ottobre

Vincenzo De Luca annuncia il piano d'evacuazione per il rischio Vesuvio: "Pronti a spostare 700mila cittadini in 72 ore"

"In 72 ore, in caso di emergenza, evacueremo le 700 mila persone della zona rossa". E' l'annuncio del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca durante la conferenza stampa organizzata con il Capo della Protezione civile Nazionale Fabrizio Curcio, per illustrare il "Piano Evacuazione Vesuvio".
"Dalle cifre e dai numeri ci sembra di stare di fronte ad un problema di dimensioni gigantesche - ha detto De Luca - ma dobbiamo attrezzarci per essere all'avanguardia come regione e per questo cominceremo ad erogare finanziamenti dando priorità ai comuni della zona rossa. Naturalmente anche la Regione dovra' contribuire con le infrastrutture di mobilita' per supportare i piani di evacuazione o rischiamo un disastro di proporzioni bibliche. Nell'area Flegrea per esempio completeremo le bretelle di collegamento".
Per Il numero uno di Palazzo Santa Lucia: "E' inutile creare allarmismi. oggi non abbiamo problemi particolari ma dopo il dramma dell'ultimo sisma abbiamo l'obbligo di preparaci. Ad oggi - ha aggiunto - mancano i piani di evacuazione di 4/5 comuni ma consegneranno tutto entro due settimane. Abbiamo Comuni commissariati come quello di Pompei, in questo caso individueremo almeno un 'piano di raccolta dei cittadini'. Sara' nostra responsabilità".
Prima della conferenza con gli organi di stampa, De Luca ha incontrato i sindaci dell'area a rischio per coordinare i piani di Protezione civile di tutte le aree: "tutti i comuni presenteranno i progetti entro fine mese - ha chiarito il governatore - ma l'intero sistema funzionerà solo se ciascun soggetto farà la propria parte, a partire dai comuni che avranno la responsabilità di disporre piani informativi e di evacuazione assolutamente efficienti. Fondamentale sara' anche il Programma di informazione che sara' distribuito alle scuole e poi alle famiglie, perché tutti devono sapere con certezza dove andare in caso di necessita'".

sabato 24 settembre 2016

Presentazione al Salone della CSR e dell'Innovazione Sociale

Il libro Disastri naturali: una comunicazione responsabile? Modelli, casi reali e opportunità nella comunicazione di crisi sarà al Salone della Csr e dell'Innovazione di Milano il 4 OTTOBRE all'interno del workshop
 17:00 - 18:00
L’attenzione di imprese, istituzioni, media e opinione pubblica nei confronti della sostenibilità ambientale non è sempre lineare e il nostro Paese soffre ancora di gravi carenze nel governare tanto la dimensione ambientale quanto quella comunicativa. Partendo da un recente libro dedicato al tema ("Disastri naturali: una comunicazione responsabile? Modelli, casi reali e opportunità nella comunicazione di crisi") l’incontro mette al centro il ruolo della comunicazione di crisi per affrontare le emergenze ambientali, facendo interloquire i comunicatori, i giornalisti e i rappresentanti di imprese e istituzioni. Un incontro utile per affrontare i cambiamenti organizzativi e relazionali che ogni situazione di crisi comporta. Una cassetta degli attrezzi per media, imprese e istituzioni.

domenica 10 luglio 2016

Festival della Partecipazione: due terremoti e la comunicazione. Resistenza o resilienza?

Oggi a L'Aquila abbiamo parlato di comunicazione e disastri naturali: quando le relazioni pubbliche possono 'servire' le comunità per costruire narrazioni funzionali alla resilienza, nell'ambito del Festival della Partecipazione. Resistenza o Resilienza? Su questo interrogativo abbiamo cercato di dare l'idea di come la comunicazione possa trasformare i 'rimbalzi' in narrazioni differenti....
È stato un momento in cui ho ribadito l'orgoglio di appartenere a una Ferpi, che durante il terremoto 2012, si fece sentire vicina con l'iniziativa task force per l'Emilia. Grazie a Toni che ci ha coinvolti in questa iniziativa promossa da Action Aid, Cittadinanzattiva e Slowfood.
È anche stata l'occasione (la terza) per parlare del libro 'Disastri Naturali: una comunicazione responsabile?' (Bononia University Press). Grazie a Massimo Alesii che ha condotto e Stefano Martello che è intervenuto insieme a al sottoscritto.
Continuiamo questo 'tour italiano' insieme agli amici che hanno condiviso un percorso aperto e condiviso di svariati anni, che ha avuto come esito questo libro, ma anche un paper, diversi interventi in Italia e all'estero, oltre a un capitolo del libro 'Crisis Management' di Mark Sheehan (Cambridge University Press). Nei prossimi mesi toccherà anche agli amici ferpini Sergio Vazzoler, Monica Argilli, Luca Poma, partecipare insieme a noi e gettare le basi di ulteriori approfondimenti del tema.
Mi auguro si colga l'opportunità di questa piattaforma per fare advocacy della professione di relatore pubblico in tutt'Italia, peraltro in una declinazione molto innovativa e socialmente responsabile come questa.

giovedì 7 luglio 2016

I Sindaci, i disastri ambientali e la roulette russa

Fare il Sindaco è diventato una roulette russa”: con queste parole l’ex primo cittadino di Genova, Marta Vincenzi, ha commentato la richiesta di condanna da parte del Pubblico Ministero a 6 anni e 1 mese di reclusione per le responsabilità legate all’alluvione genovese del Novembre 2011 che costò la vita a 4 donne e 2 bambine.
Una notizia di attualità che, ancora una volta, richiama l’attenzione al ruolo degli amministratori pubblici nella gestione di crisi quando la natura si ribella e provoca un disastro ambientale. E proprio a questi temi è dedicato il capitolo che ho scritto per il libro “Disastri naturali: una comunicazione responsabile? Modelli, casi reali e opportunità nella comunicazione di crisi”, curato da Biagio Oppi e Stefano Martello ed edito da Bononia University Press di Bologna.
Con la metafora della roulette russa, Marta Vincenzi, si riferisce all’uso esclusivo della giurisprudenza per determinare poteri e responsabilità di un Sindaco a livello di protezione civile. E certamente pone l’attenzione su un punto reale e cruciale delle tendenze in atto. Una riflessione a sé merita la capacità del sistema pubblico-politico nel governare la dimensione ambientale e la sua comunicazione, a partire dai momenti di crisi. E proprio l’esempio della gestione comunicativa nei frequenti eventi alluvionali che hanno colpito il nostro Paese è fortemente significativo. “Nessuno si poteva aspettare una tale concentrazione di precipitazioni in così poche ore”: quante volte abbiamo ascoltato ripetere questa dichiarazione nei commenti post-alluvione degli ultimi anni?
Al di là del dibattito sull’incidenza dei cambiamenti climatici, la storia recente ci dice che ormai le cosiddette “bombe d’acqua” sono la regola e non più l’eccezione, anche nel nostro Paese: è stato così a Messina, alle Cinque Terre, a Genova, nelle Marche, a Olbia e in tutte le altre aree colpite negli ultimi dieci anni ove si sono registrate ben settantanove vittime. E, per tornare alla comunicazione, ci dovremmo attendere amministratori più consapevoli dei temi ambientali, impegnati nel governare l’emergenza (magari con apposite war room dove dovrebbe sempre sedere anche chi si occupa di comunicazione) anziché lasciarsi andare a dichiarazioni che denotano superficialità e improvvisazione e che svelano una colpevole sottovalutazione delle conseguenze di una scarsa attenzione allo stato di salute del territorio.
A tale proposito, tornando al caso di Genova, appaiono particolarmente inquietanti la dichiarazione dei legali di parte civile che bollano il comitato locale di protezione civile come “un carrozzone che non interessava a nessuno e che se non si fosse riunito non sarebbe cambiato nulla visto che non si riuscì a gestire l’emergenza”.
Un ulteriore aspetto che merita particolare attenzione riguarda la comunicazione web e, in particolare, i social network: modalità e strumenti di comunicazione diretta oggi non mancano a chi ricopre un ruolo pubblico per rivolgersi alla propria comunità, per “metterci la faccia” e per cercare forme di alleanza e responsabilizzazione nei confronti di una causa comune.
Se tali strade sono poco percorse o addirittura sistematicamente ignorate, la motivazione è probabilmente legata a un vizio d’origine: si guarda alla cassetta degli attrezzi della comunicazione diretta con la preoccupazione di cadere nel rischio di una deriva populista. E, di conseguenza, si sceglie di affidarsi ancora ai più rassicuranti comunicati stampa e di lanciare messaggi dai convegni agli addetti ai lavori, anziché aprire quella cassetta e affrontarne rischi e opportunità. Ma così agendo non si fa altro che aggravare il gap tra domanda e offerta di comunicazione: i cittadini che quotidianamente utilizzano il web e i social network per orientare le proprie scelte d’acquisto di beni e servizi, a forza di trovare sbarrata la porta d’ingresso alle decisioni pubbliche, rischiano di abbandonare il terreno del confronto e del dibattito civico.
(Fonte: amapola.it) 

mercoledì 29 giugno 2016

Eventi tragici 4 consigli per relatori pubblici

4 consigli per comunicatori e relatori pubblici in caso di disastri dal sito PRDaily:
1. Be respectful and sensitive.
2. Don’t sell.
3. Do your due diligence.
4. Don’t spam your email list. 
When tragedy strikes, as it has recently in Orlando, Florida—the public’s initial feelings are sadness, anger and bewilderment.
After the initial shock wears off, these feelings remain, but another joins them: the desire for answers. We turn on our TVs, read articles and seek expert commentaries. It is a natural response—as well as an essential role of communicators...leggi il resto sul sito PRDaily

domenica 19 giugno 2016

Recensione & Riflessioni di Toni Muzi Falconi su Ferpi.it: Resilienza, capitale sociale e issue management per una comunicazione responsabil

Resilienza, capitale sociale e issue management per una comunicazione responsabile
Una riflessione sulla comunicazione di crisi nata dai due terremoti che hanno colpito L’Aquila e l’Emilia, con il contributo di numerosi soci Ferpi. La lettura di Toni Muzi Falconi alla luce dei temi di resilienza, capitale sociale e issue management

Quale descrizione più convincente del diffuso paradigma per cui la comunicazione-con è (quasi) sempre più efficace della comunicazione-a… di leggibile nell’appena uscito “Disastri Naturali: una comunicazione responsabile?” (Bononia University Press, 2016), quando Massimo Alesii si sofferma sulla diversità dei modelli che hanno caratterizzato il governo della comunicazione nei due terremoti dell’Abruzzo e dell’Emilia?
Diffusa “resilienza comunitaria” in quest’ultimo e “centralismo comunicativo” nel primo.
Nonostante il recente deperimento degli indicatori relativi al capitale sociale del territorio emiliano, emerge ben chiaro dal racconto di Alesii il diverso spessore di resilienza (“legameria sociale”, la chiama argutamente nel libro un partecipante a un focus dell’Università di Modena e Reggio Emilia). Una resilienza alimentata da reti sociali orizzontali, peer-to-peer, ove è la comunicazione a orientare la qualità delle relazioni e non il contrario, come nel caso dell’Abruzzo dove la comunicazione fu esercizio di potere (politico) e di persuasione (mediatica).
Né conosco rendicontazione più aggiornata e vivace sulla utilità della “prevenzione di crisi” e poi -quando la crisi scoppia- sulle modalità della sua comunicazione, argomentata in questo lavoro da Luca Poma, con la insolita e benvenuta aggiunta di una intrigante suggestione del piano di crisi come “antifurto”, a tutela delle relazioni con gli stakeholder, quasi “copertina’ di Linus”.
In più, dando per scontato che mai una crisi si presenta proprio come era stata prevista, Poma aggiunge anche che l’esercitazione costante è sempre e comunque essenziale perché arricchisce il valore della prevenzione, focalizzando l’attenzione più sul “quando” e sul “come”, che non sul “se” operare.
Considero poi di inusitato livello la essenziale e asciutta lucidità del testo di Sergio Vazzoler quando descrive valori, dinamiche e importanza della comunicazione ambientale per il rafforzamento della partecipazione sociale ai processi decisionali pubblici (è di questi giorni finalmente il primo ingresso ufficiale della Commissione Europea nella elaborazione di una politica di “debat public”).
Basterebbero questi elementi a consigliare la lettura di questa opera – in larga parte dovuta alla passione e la competenza di Biagio Oppi e Stefano Martello – non solo agli studenti universitari, ma a tutti i professionisti, consulenti e dipendenti; giovani, maturi, nuovi vecchi e anziani (come è l’autore di questa nota) che per vivere si occupano di relazioni tramite strumenti e canali di comunicazione. E sono ormai quasi 150 mila nel nostro Paese.
Ma questa opera non finisce qui: le ricche, curiose e stimolanti testimonianze di Fabio Montella e Monica Argilli; insieme all’inedita metodologia di analisi e riflessione prodotta dagli studiosi dell’Università di Modena e Reggio Emilia, ne fanno una lettura davvero originale nel panorama piuttosto banale e ripetitivo della nostra pubblicistica.
Per parte mia, provo ad aggiungere, se possibile, qualche ulteriore valore al lavoro dei miei colleghi, ripercorrendo quel particolare filone delle relazioni pubbliche noto come “issue management”.
Un filone che, soprattutto nella sua accezione “organizzativa”, appare particolarmente adatta a consolidare e rafforzare l’impianto narrativo di questo bel lavoro, nel tentativo di offrire spunti e indicazioni operative a chi dovrà occuparsi delle inevitabili crisi prossime venture.
Nel 1976 lo statunitense Howard Chase – professionista assai vicino al Presidente Eisenhower, e uno dei sei fondatori della Public Relations Society of America – pubblicò un lavoro indicando con il nome di “issue management” una interpretazione della comunicazione d’impresa come ‘colla’ che tiene insieme l’organizzazione composta da network di relazioni.
Si tratta, ancora oggi, del livello più avanzato e maturo di integrazione delle relazioni pubbliche come costitutive della funzione di direzione.
In breve: qualsiasi organizzazione identifica, monitora e orienta – in funzione dei propri obiettivi, caratteristici e unici – le diverse dinamiche delle ‘variabili’ sociali e culturali e dei ‘fattori’ economici e tecnologici che ne influenzano il raggiungimento.
Gli “early adopters”, anche a causa della crescente regolazione pubblica cui venivano sottoposte nella seconda metà degli anni settanta, furono le grandi imprese del tabacco e dell’alcool, delle armi e della tecnologia.
In assoluto all’avanguardia fin dal 1976, la IBM, specialmente in Europa dove le regolazioni dei singoli mercati erano le più diversificate.
Fu allora, nel 1980, che un gruppo di brillanti giovani ex IBMers britannici (Ian Dauman, John Stopford, Geoffrey Morris e Dick Van Den Bergh) fondarono una società di consulenza strategica (Matrix limited) i cui primi clienti furono la Philip Morris e la Shell (!!).
Lo schema organizzativo, parallelo e contemporaneo a quello tradizionalmente gerarchico e verticale, è a matrice: massimo dieci ‘issue’ selezionate incrociando la loro importanza e urgenza. Per ciascuna issue una squadra coordinata da un issue manager e composta da un analyst, un advocate e un account, con ruoli intercambiabili in funzione delle singole competenze e abilità.
L’account segue con attenzione le dinamiche interne dell’organizzazione e come queste impattano sulla specifica issue; l’advocate è l’esperto della rappresentazione presso i regolatori e gli influenti; l’analyst è invece l’esperto della materia specifica; mentre l’issue manager formula la definizione e l’aggiornamento continuo di una policy per ciascuna tematica, assicurando la funzionalità del lavoro collettivo.
La squadra “scorrazza” su e giù e attraverso l’organizzazione formale, con tutte gli immaginabili conflitti ma anche arricchimenti culturali interni stimolatori di straordinari risultati sul campo.
In Italia, nel 1981, nacque la Intermatrix Italia, un srl con azionisti, insieme alla Casa Madre inglese: la Scr Associati (leader nelle relazioni pubbliche); Methodos (leader nella formazione manageriale); il consulente di direzione Mario Unnia; l’economista Antonio Martelli; i sociologi Enrico Finzi e Renato Mannheimer; e il ricercatore Gadi Schonheit. Insomma una gran bella squadra.
Fra i primissimi clienti, la Xerox Italia che, complice il capo della comunicazione Paolo Pasini, commissionò alla neonata società la stesura di un “manuale di issue management” che negli anni successivi ebbe ampia distribuzione soprattutto in ambienti confindustriali andando ad arricchire soprattutto la cultura manageriale del movimento dei giovani imprenditori.
Rimango convinto che l’issue management, nella sua formulazione culturale e organizzativa, rappresenti oggi la metodologia di direzione che meglio integra le logiche fuzzy e relazionali indotte dalle tecnologie prodotte dalla globalizzazione, la società a rete e le rivoluzioni del sistema dei media e del discorso pubblico.
Concludendo, ogni riflessione operativa intorno alla resilienza di un territorio in preparazione (o in presenza) di turbamenti materiali, economici, sociali e culturali costituisce grazie all’esperienza dell’issue management un forte valore aggiunto al capitale sociale di un territorio.